1. Il tema della conciliazione tra vita lavorativa e lavoro di cura familiare è uno dei fracassi della strategia europea
occupazionale. FALSO
2. I dati dimostrano che la legge dell’8 marzo N.53 è svavorevole al sostegno della paternità e maternità. FALSO
3. La sociologa Marina Piazza afferma che alcune imprese sono flessibili negli orari di lavoro delle donne lavoratrici che si
comportano bene. FALSO
4. La conciliazione presuppone un orario personalizzato. VERO
5. Sindacati e azienda coincidono nell’idea che i diritti devono essere universali. VERO
6. Le aziende sono del parere per il quale la teoria della contrattazione e la teoria della conciliziane non vanno sempre daccordo. VERO
7. Il lavoro nell’ambito familiare ancora oggi non è condiviso, è tutto sulle spalle delle donne. FALSO
8. Secondo la sociologa, la figura del ‘mammo’ deve sparire. VERO
9. Nell’ambiente lavorativo, un padre che assumeva la figura del mammo veniva velatamente deriso. VERO
10. Bisogna far capire al nuovo padre che la cura della famiglia arrichisce la sua vita. VERO
11. Le donne non sono consapevoli della necessità di un’armonizzazione tra i tempi di lavoro ed i tempi di cura della famiglia. VERO
12. La donna fa fatica ad abbandonare un ruolo che fino adesso lo crede o come proprio. VERO
13. Si deve tener presente che ad ogni cambio corrisponde un periodo di disordine. VERO
14. In questa società convulsa è impossibile trovare un tempo per se stessi. FALSO
TRASCRIZIONE PARZIALE
Conciliazione tra vita lavorativa e lavoro di cura.
In Italia c’è la legge dell’8 marzo del 2000 N.53 per il sostegno della paternità e della maternità, per il diritto alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città, ma i dati dimostrano che in Italia il rapporto lavoro e denatilità ha un clima svavorevole alla maternità e alla paternità dove rimangono vecchi estereotipi, dove la rete dei ruoli in famiglia è rigida ed assimetrica, reti sociali insufficienti: il part time è un lusso, non una necessità. Marina Piazza, sociologa: La conciliazione è scarsa, non visibile anche in imprese illuminate, fanno delle cose, hanno degli orari flessibili, fanno dei part time favorevoli hanno l’idea del meglio tacere perché hanno l’idea che è un benefit…ti faccio un regalo, te ne puoi andar via; un’altra cosa in cui sono daccordo anche i sindacati è che la conciliazione presuppone un tragitto che va verso un orario personalizzato perché io posso avere delle esigenze e l’altro può averne delle altre mentre sia i sindacati che l’azienda vorrebbero tracciare dei paletti definiti in modo che i diritti siano universalistici insomma, chi ha qualcosa deve eseere per tutti… quindi evidentemente,dunque a volte questa teoria della conciliazione si innesta, a volte pericolosamente, sulla teoria della contrattazione, non vanno daccordo, questo per quanto riguarda le aziende; per gli altri ambiti, per esempio le famiglie: puntare a un lavoro di condivisione di cura perché io voglio dare tutto il part time alle donne, gli asili nido però se tutto il lavoro di assistenza è sulle spalle delle donne se lo portano anche fuori questo peso; il fatto di condividere spesso viene visto dagli uomi come qualcosa che attenta alla virilità, se lei pensa, fino a poco tempo fa, per esempio, c’era la figura del ‘mammo’, insomma bisognerebbe fare una legge che impedisca questo nome, perché un padre che assume queste responsabilità è un nuovo padre, anche nelle aziende questo ‘mammo’ veniva quasi deriso, bisognerebbe fare una campagna per attirare i padri, regalare, fargli capire che questo è un tempo regalato perché è ricco, perché aggiunge sì magari fatica, complessità ma anche ricchezza alla loro vita…un’armonizzazione tra i tempi di lavoro e di cura è cruciale per l’equilibrio tra i generi però è fondamentale che anche le donne maturino una nuova consapevolezza dei ruoli all’interno della famiglia…Anche le donne ci mettono del loro perché il lavoro di cura, il lavoro familiare è un lavoro che crea fatica ma è anche un controllo su tutto: “solo io so a che ora esce il bambino…” questo controllo è potere e questo potere è l’unico per cui fanno fatica ad abbandonare questo potere e cadono con tutti e due i piedi nella trappola, cioè tengono stretti i cancelli per una gelosia rispetto a un loro ruolo… ecco qui bisogna lavorare, cercare di non cadere in un delirio di onnipotenza e ci cadono… saper delegare, ed anche affrontare il disordine che questo comporta perhé è evidente che se io passo da un ordine ad un altro ordine in mezzo c’è una fase di disordine per cui anche se lui fa un casino, imparerà, non dire: “lascia perdere faccio io che tu…” lo stesso l’uomo quando la donna entra nel loro campo professionale: “le donne non sanno fare niente”
Interlocutrice: “Il tempo in più, per che cosa?”
Marina Piazza: Io lo chiamo tempo per se, è nato nel campo delle donne ma è un’esigenza di tutti. È la capacità di elaborare la propria esperienza di vita, si può riflettere, leggere, passeggiare, ci si concentra su quello che si sta facendo, sulla propria esperienza e questo ed anche interrogare la società in questi tempi convulsi, non è detto (rivolgendomi alle donne) invece di fare una cosa perfetta, la faccio meno ma intanto mi quadagno un tempo…Rapportarsi al tempo è una cosa che s’impara.